Ancora oggi, un elevato numero di rifugiati non ha accesso all’istruzione. Per quanto riguarda la percentuale di istruzione superiore, solo il 3 per cento riesce ad accedervi, contro una media globale del 37 per cento. Sono questi i numeri che hanno spinto, nel 2019, ad avviare un progetto universitario, l’University Corridors for Refugees (UNI-CO-RE), coinvolgendo due università italiane e sei studenti stranieri. La seconda edizione di questo progetto sta per essere avviato anche nel 2020 e coinvolge il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, l’UNHCR, la Caritas Italiana, la Diaconia Valdese, la Ghandi Charity e ben undici università italiane, ossia l’Università dell’Aquila, l’Università di Bologna, l’Università degli Studi di Cagliari, l’Università di Firenze, l’Università Statale di Milano, l’Università di Padova, l’Università degli Studi di Perugia, l’Università di Pisa, l’Università di Sassari, l’Università Iuav di Venezia, e la Luiss Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli.
È già stato firmato un protocollo di intesa, che darà l’opportunità a venti studenti rifugiati attualmente in Etiopia di proseguire il loro percorso accademico in una delle suddette università italiane, grazie al sostegno di borse di studio della durata di due anni, avendo anche la possibilità di integrarsi nella vita universitaria e di spianare la loro strada.
I venti studenti saranno selezionati in base al loro merito accademico ed alla loro motivazione, tramite un bando pubblico e direttamente da un comitato qualificato ed in rappresentanza di ciascun ateneo. L’auspicio è quello di raggiungere un tasso di iscrizione a programmi di istruzione superiore del 15 per cento entro il 2030, senza contare la possibilità di creare dei veri e propri corridoi d’ingresso in Italia del tutto regolari e validi, che diano a questi ragazzi la possibilità di coltivare il loro talento e di costruire un futuro migliore e dignitoso.
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