Il sistema di accoglienza in Italia è molto cambiato nel corso del tempo: ha subito modifiche, ha subito tagli, ora pare stia per avere un reintegro monetario. Ma è davvero così? Sono davvero previsti più fondi? E per cosa saranno impiegati?
I tagli voluti da Salvini durante il Governo Conte hanno innanzitutto indebolito la rete di accoglienza a livello economico, ma hanno anche causato una assenza di massa ai bandi indetti dalle prefetture, perché gli enti che fino ad ora hanno avuto esperienza sul campo sono consapevoli dell’impegno lavorativo ed economico e non accettano di offrire servizi non completi e, quindi, preferiscono piuttosto tirarsene fuori. Conseguenza per niente da sottovalutare è che, essendoci poca partecipazione da parte degli enti, i bandi vengono aperti anche a soggetti, spesso privati, che non hanno l’esperienza sul campo di tre anni, requisito fino ad ora richiesto e che ora viene meno.
Tramite una circolare resa nota nei giorni scorsi, il Ministero ha annunciato che ci sarà un incremento pari almeno al 10% della quota pro capite pro die: non si arriva alla quota iniziale, ovviamente, ma la cifra diventa più gestibile, o almeno di questo sono convinti. Il problema è che, comunque, l’incremento economico non copre le spese dei servizi offerti per l’integrazione dell’immigrato, servizi che non vengono quindi garantiti, pur essendo di fondamentale rilevanza per il percorso dell’accolto, quali ad esempio il corso di italiano, il supporto nelle questioni sanitarie e legali e l’effettiva presa in carico per la ricerca di una sistemazione e di un lavoro. Questo incremento, ovviamente non appoggiato da Salvini, sembra quasi essere un contentino, voluto per rendere più appetibili i bandi e per invogliare gli enti a rimettersi in gioco.
In realtà, le organizzazioni e gli enti non sono soddisfatti di quanto emerge dalla circolare, poiché non vedono un effettivo cambiamento di rotta e sospettano che ci saranno altre conseguenze negative.
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