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Allarme lavoro nei campi post emergenza

Allarme lavoro nei campi post emergenza

Una conseguenza pratica al blocco generale dovuto all’emergenza sanitaria Covid-19, come giustamente sottolinea Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, è l’allarme lavoro nei campi per la raccolta della stagione estiva quasi alle porte. Già messa a rischio dall’inverno relativamente caldo appena finito che ne ha accelerato la fioritura, la raccolta estiva pare essere a tutti gli effetti in bilico, anche a causa della mancanza di manodopera strettamente legata all’effetto post pandemia.

Infatti, numericamente parlando, generalmente sono circa 1,1 milioni i dipendenti impiegati nel settore agricolo in Italia e, di questi, il 97% sono operai, molto spesso di origine straniera.
Di questa percentuale, è opportuno fare un confronto tra l’incidenza maggiore sul meridione per quanto riguarda il lavoro a tempo determinato e quella sul settentrione, con un più alto tasso del lavoro a tempo indeterminato.

Ora, col blocco ai confini, la quarantena e le persone fisicamente provate dalla malattia, non è per niente facile reperire forza lavoro sufficiente per iniziare la raccolta. Solo in Italia servono circa 250.000 persone e, proprio per questo, Confagricoltura ha chiesto al Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova e al Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo di sollecitare strumenti governativi che possano facilitare il ricorso a manodopera italiana (per esempio i voucher), o che diano comunque la possibilità di impiegare persone che hanno perso il lavoro (ad esempio cassintegrati o fruitori del reddito di cittadinanza), il tutto sempre nel rispetto delle condizioni sanitarie ottimali.

Altro focus del discorso di Confagricoltura è, come anticipato, la percentuale di operai stranieri coinvolti nella raccolta. A tal proposito, considerata la situazione ed il rientro a casa di alcuni di loro per esigenze sanitarie, è stato chiesto che vengano creati dei corridoi per permettere la loro mobilità tra i paesi europei, visto che comunque questo deficit riguarda tutti i Paesi e non solo l’Italia, per un totale di circa 700.000 persone.

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