Se cerchiamo “8 marzo” sul motore di ricerca troviamo mimose ovunque, emancipazione, libertà, diritti, celebrazioni, tasselli brillanti di un grande mosaico che fa parte della nostra storia.
Per diversa parte di questa nostra storia, la storia delle donne, siamo state considerate inferiori, incapaci, innominabili, inaffidabili, inoperose, inadatte. Le nostre leggi sancivano la nostra subordinazione, dichiaravano dove stava il privilegio del potere, decretavano la nostra dipendenza e deliberavano il confine rigido del nostro ruolo nella società.
Nel femminismo abbiamo trovato il modo per cambiare quelle leggi, per abolirne alcune e per promuoverne di nuove, che potessero riconoscere la nostra validità come essere umane e garantirci la libertà di scegliere e autodeterminarci. Abbiamo mosso i primi passi cominciando a lottare per far emergere la violenza sistemica, dilagante e trasversale, che colpiva ogni ambito della nostra esistenza e per dimostrare che quello non era il nostro unico destino. Il Novecento è stato per noi la conquista di un’esistenza legittima, è stato poter votare, divorziare, abortire, essere madri, non esserlo, poter lavorare e fare carriera, essere chiamate bidella o ingegnera. Camminando insieme abbiamo capito che ognuna di noi avrebbe creato un’ondata tanto forte da scalzare quel capitolo di storia che per tanto tempo ci ha volute vittime tenendoci nell’ombra: protette e maltrattate, sante e continuamente violate.
La lotta per i diritti delle donne e soprattutto la decostruzione dell’ordine patriarcale è stata talmente tanto importante che ha creato un effetto domino per cui tutti gli altri gruppi percepiti come minoranze e resi vulnerabili dal contesto, hanno cominciato ad alzare la propria voce, chiedendo riconoscimento e pretendendo tutele.
Siamo purtroppo ancora lontane dal ritenerci soddisfatte delle nostre conquiste: troppe donne sono ancora discriminate e violate, troppe di noi sono ancora costrette al silenzio, troppe di noi se alzano la voce vengono malviste.
Quelle di noi che vogliono un pari salario sono considerate presuntuose, chi pensa di essere più meritevole di un uomo diviene illusa, una donna in carriera è tacciata di egoismo mentre la donna casalinga fa il suo dovere e quella che fa notare il tempo che dedica al lavoro di cura, senza essere per questo pagata, è un’ingrata. Quelle donne che si offendono per un fischio in strada tornano ad essere esagerate. Le donne madri e lavoratrici sono delle eroine, ma quelle che non hanno figl* si trasformano in inadeguate. Le donne trans non sono donne e le donne disabili non sono invisibili, più che altro non le consideriamo proprio. La vulvodinia è un disturbo che non esiste e il dolore delle donne non è mai adeguatamente valutato, la violenza ostetrica non è altro che un vissuto della donna e non una violazione del corpo. La donna nera sulla copertina di una rivista è una “panterona sexy” ma se la vediamo in strada diventa una sporca schiava. La donna stuprata se l’è cercata, quella che abortisce non capisce il valore della vita.
Le scelte delle donne sono ancora oggetto della valutazione morale della società, e questo è percepito come legittimo perché la percezione sociale di tutto ciò che riguarda l’autodeterminazione femminile è purtroppo tuttora legata a quello sguardo androcentrico che ha definito per millenni il nostro ruolo, i nostri obiettivi e la nostra intera esistenza.
L’uguaglianza non è frutto di divisioni ma vuole significare garantire alle donne la possibilità di scegliere liberamente cosa essere. Quando vivremo quel momento in cui potremo davvero scegliere se essere manager, madri, casalinghe, donne che hanno abortito, sindache, donne delle pulizie, attiviste, donne vittime di violenza, segretarie, donne che non desiderano essere madri, suore, astronaute, cuoche, tutte o nessuna di queste possibilità, allora potremmo dire di vivere davvero in una società egualitaria, che contempla in essa tante sfumature dell’essere quante sono le infinite possibilità dell’essere umane: tante sfumature formate da quei tasselli che ognuna di noi mostra nella società per terminare, insieme, un mosaico in divenire di più di 100 anni di lotte.
8 marzo è libertà di essere. Libertà di scegliere. Libertà di arricchire il mosaico della nostra storia.
Libertà che come Cooperativa On the Road continueremo a perseguire.
L’articolo Abbiamo bisogno dell’8 marzo proviene da On The Road Cooperativa Sociale.