“Nella grande città c’è tutto ma non c’è niente, tutti sono impegnati a cercare qualcosa per se stessi e non hanno tempo per gli altri”
Blessing,
arrivata da poco a Santa Caterina dello Ionio dopo quasi due anni a Roma
Mentre scrivo dalla finestra sento le risate di Treasure, una bimba arrivata da poco al Borgo con sua madre Blessing. Vivono nella ruga vicina. Mi affaccio e mi saluta con la manina.
Il 25 luglio in piazza c’era anche lei, insieme agli altri beneficiari e gli operatori del Siproimi, turisti e paesani. La nostra comunità si è riunita per una Giornata del Rifugiato, celebrata in ritardo rispetto alla calendarizzazione ufficiale delle Nazioni Unite.
Vivere in un Borgo sullo Ionio significa tante cose. Vuol dire imparare la lentezza, essere ‘costretti’
(in mezzo a pochi altri volti) a guardare l’Altro e riconoscerlo. Vivere in un Borgo quasi abbandonatosullo Ionio significa anche accorgersi. Accorgersi, mentre si passeggia attraverso le stradine deserte del centro, dell’irriconoscenza verso la propria storia che certe generazioni hanno avuto, e quanta energica socialità e proficue relazioni certe politiche poco lungimiranti hanno accantonato, lanciate verso un modo d’intendere il mondo dimentico dell’entroterra rurale che resiste.
Gli operatori del Siproimi di Santa Caterina dello Ionio hanno scelto di organizzare la Giornata
tenendo conto di queste premesse. Coinvolgendo la realtà agricola e sociale di cui faccio parte,
l’Avamposto Agricolo Autonomo, la band NYMBI e il musicista Boto Cissokho, hanno cercato di
convogliare parte delle emozioni che ogni giorno permeano le sfide interculturali che la nostra
comunità vive.
Dalla Villa del Borgo intorno alle 18:00 è partito un trekking someggiato, la cui fedele guida è stata
l’asina Rosa dell’Avamposto, verso l’antica cappella della Madonna della Neve. La cappella è parte
del patrimonio dimenticato del Paese, un po’ come lo è l’asino. Disposti in fila indiana c’erano:
infaticabili mamme nigeriane, irakene, pakistane e italiane, con bimbi e passeggini, alcuni commossi compaesani che non tornavano lì da tempo, un folto gruppo di appassionati di luoghi perduti e di trekking; insieme abbiamo raggiunto il luogo sacro. Abbiamo intervallato il cammino con cenni storici e narrazioni autoctone, con la chiusa accorata del canto alla Madonna della Neve di Peppina Primerano, che al ritorno ci dirà: “Grazie di questo regalo bellissimo e di questa emozione fortissima”.
Fra le scene più iconiche del nostro cammino, annoveriamo l’arrivo di uno dei nostri più anziani
pastori, Cola Renda, che al ritorno è stato il compagno di viaggio di Mo, il birbante figlio di mamma Javeria. Un po’ stanchi ma anche emozionati e con gli occhi pieni di scorci disvelati, ci siamo diretti nuovamente all’ agorà del Borgo. Lì abbiamo trovato Melino, operatore del Siproimi, già pronto ad intercettare i presenti per misurare la temperatura corporea e far rispettare le norme in vigore.
In quel momento abbiamo colto la conformazione, straordinariamente composita, del gruppo che era fiorito intorno alla piazza. Dopo il saluto dell’Amministrazione Comunale, i NYMBI hanno intonato le prime canzoni, e il Borgo ha risuonato di un’energia tutta sua. Vivificato dall’allegria dei bimbi che saltellavano, dalle chiacchiere delle anziane sulle panchine e dai passanti che approfittavano di quel momento di comunità per sentirsene parte. Rusul, una mia amica e beneficiaria del centro, ha letto una poesia che raccontava la sua condizione esistenziale. Quando ha finito di recitare tutti sono scoppiati in un fragoroso applauso e ho guardato gli occhi dei suoi genitori, che erano già da soli unapoesia parallela. L’afromusic di Boto Cissokho ha costituito la colonna sonora portante di tutta la
serata: le sue parole, i suoi inni all’amore, la sinergia con la platea che lo stava ad ascoltare, sono stati imprescindibili. Così come lo è stata la performance conclusiva delle sorelle di Rusul, che hanno cantato a squarciagola al microfono il loro cavallo di battaglia (nonché tormentone dell’estate italiana).
Il giorno dopo ho preso un caffè alla Veranda di Liberata, uno dei punti di ritrovo del Borgo. Mi
hanno accerchiata una decina di persone, alcune delle quali avevano solo sbirciato dalle retrovie,
eppure… mi hanno detto quanto fosse stato bello, quanto fossero necessarie più giornate così, e mi
hanno chiesto di raccontar loro come funziona il Siproimi del nostro Paese. A volte bastano una
passeggiata e una piazza. Mi piace pensarla così la nostra comunità, in cammino o in cerchio.